A una settimana dal “lunedì ribelle”

E’ trascorsa ormai una settimana dal famoso “lunedì ribelle” che ha portato alcune centinaia di Eporediesi in piazza ad applaudire la Mugnaia e il Generale, violando l’ordinanza emessa qualche ora prima, quell’ordinanza che ha fermato il Carnevale, evento che non succedeva da 60 anni.

Cosa è successo, lunedì pomeriggio? Sono circolate versioni divergenti, illazioni, polemiche…

Premesso che non reputo questa la sede per valutare o giudicare l’atteggiamento del Sindaco, che risponderà in prima persona nelle sedi opportune, vorrei solo raccontare, in quanto testimone diretto, cosa sia successo. Perché i “credo”, “ho sentito”, “mi pare che” devono lasciare spazio a ciò che è stato. Per quanto possa apparire incredibile, tutto quanto successo lunedì è stato assolutamente casuale e spontaneo. Nulla di organizzato o preordinato. Solo una serie di casualità che si sono unite dando vita a un momento di spontaneità difficilmente comprensibile da chi non conosce bene il “cuore del Carnevale”.

I Pifferi erano andati a pranzo insieme dove comunque avevano prenotato prima dell’annullamento del Carnevale (e dove c’era meno folla rispetto a tanti altri locali cittadini). Chi conosce un po’ il Carnevale, sa che Pifferi e Tamburi quando si trovano, portano con sé gli strumenti, fosse anche solo “per suonarne una” in onore di chi li ospita a pranzo. In ognuno di loro c’era la voglia di vivere ancora un momento della festa interrotta… ecco che i Pifferi fanno due passi, suonando (ancora in numero tale da non creare “assembramento”) e come sempre avviene il loro suono attira gli Eporediesi, in tempo di pace come in quello di rivolta, a Carnevale o al Giro d’Italia… Musici e codazzo (cresciuto nel frattempo) arrivano ai giardinetti dove i Mercenari un po’ smantellano e un po’ danno fondo alle scorte… spontaneamente.

Anche Mugnaia, Generale e seguito sono stati – legittimamente, visto che i ristoranti non sono chiusi per ordinanza – a pranzo assieme. E come tanti Eporediesi decidono di fare due passi per cogliere la città nel clima paradossale del “Carnevale che non c’è”. Saputo dei Pifferi ai giardinetti, li raggiungono e lì avviene l’inevitabile. La dimostrazione del primo teorema del Carnevale: Mugnaia+Pifferi=Carnevale. E di lì il corteo che si è concluso in piazza.

Non è stata una ribellione voluta. Soprattutto non è stata una ribellione verso il Governatore o contro l’ordinanza. Ma qualcosa di personale, di intimo di “popolare”, verso la sfiga che aveva privato Ivrea e il popolo del Carnevale di quei giorni attesi per un anno, un gesto di affetto verso la Mugnaia, scaraventata giù dalla sua nuvoletta. Non un gesto di incoscienza per trasformarsi in untori del coronavirus, ma una scelta dettata dalla consapevolezza che tutti noi presenti eravamo una minima parte di quanti dal giovedì alla domenica si erano frequentati, baciati, abbracciati, scambiati bicchieri e cucchiai…

Detto del tanto dibattuto lunedì, vale la pena spendere due parole sulle medesime ore del martedì. Ore nella si è vista la città che varrebbe la pena vedere ogni giorno dell’anno: pur senza Pifferi, Mugnaia e Generale, rimasti coscienziosamente a casa, erano in tanti a “bamblinare” in piazza di Città e nelle vie Palestro e Arduino. Senza la frenesia con la quale si percorrono in genere quelle vie, ma solo con il piacere di stare lì, ad aspettare un volto amico per scambiare due chiacchiere, fare due passi assieme, entrare in un bar per bere qualcosa. La “condivisione del tempo” nella sua accezione più bella. Oggi così rara in qualunque giorno dell’anno, ma non in quelle ore di un martedì sospeso tra il Carnevale che non c’era più e una quotidianità che non era ancora tornata.

Federico Bona

Foto di Alessio Avetta