28/02/1960: il Carnevale sospeso per la morte di Olivetti

28 febbraio 1960, una domenica diversa per la Città di Ivrea. Sarebbe dovuta essere la domenica di Carnevale, un giorno di festa. Da festeggiare, però, per gli eporediesi – specialmente per i lavoratori – non c’era proprio nulla. Carnevale era finito la sera prima, nel momento in cui era arrivata quella tremenda notizia: l’ingegner Adriano Olivetti era morto. Un’emorragia lo aveva stroncato su un treno diretto a Losanna, in Svizzera. Per la prima volta nella storia della Repubblica Italiana, lo Storico Carnevale d’Ivrea cessava i suoi festeggiamenti in anticipo: lo Storico Carnevale d’Ivrea venne sospeso.

La radice operaia degli aranceri

Il legame tra il Carnevale e l’Olivetti non è solamente basato sulla condivisione dello spazio cittadino eporediese; quel rapporto non nasce solamente perché sia la fabbrica che la festa hanno casa a Ivrea. Cosa collega l’Olivetti e il Carnevale? I ragazzi che nel 1947 fondano la prima squadra organizzata di aranceri a piedi indossano un “tone”, la tuta blu degli operai proprio della Olivetti. Tutte le prime squadre avranno operai di quella fabbrica… Quando nel ’49 l’Asso di Picche viene riconosciuto come componente ufficiale del Carnevale, per la prima volta la festa ha una componente di natura prettamente operaia e popolare.

L’imprenditore, l’uomo, la comunità

C’è un motivo se nel 1960 tutte le componenti del Carnevale accettarono e ritennero opportuno di sospendere ogni festeggiamento: con Adriano Olivetti non moriva soltanto l’uomo che aveva reso grande il nome di Ivrea nel mondo, ma soprattutto moriva l’uomo che aveva provato a realizzare un grande sogno.

La fabbrica non può guardare solo all’indice dei profitti. Deve distribuire ricchezza, cultura, servizi, democrazia. Io penso la fabbrica per l’uomo, non l’uomo per la fabbrica, giusto? Occorre superare le divisioni tra capitale e lavoro, industria e agricoltura, produzione e cultura. A volte, quando lavoro fino a tardi vedo le luci degli operai che fanno il doppio turno, degli impiegati, degli ingegneri, e mi viene voglia di andare a porgere saluto pieno di riconoscenza.

Nell’epoca del bipolarismo, della guerra fredda, Adriano Olivetti ricercò sempre una terza via percorribile per la società italiana, provando a unire i concetti di innovazione, progresso e solidarietà. Qualcuno potrebbe definire il suo progetto comunitario come utopistico, lui si sarebbe sicuramente indignato, perché “spesso il termine utopia è la maniera più comoda per liquidare quello che non si ha voglia, capacità o coraggio di fare”. Gli architetti chiamati a progettare gli stabilimenti delle sue fabbriche dovevano ricercare armonia tra uomo, fabbrica, natura; l’operaio veniva pensato come uomo, per questo in mezzo ai luoghi di lavoro sorgevano campi sportivi da utilizzare nelle pause, biblioteche, giardini alberati con panchine e tavoli. Nel 1956 Adriano Olivetti ridusse da 48 a 45 le ore di lavoro settimanali mantenendo lo stesso salaria, la Olivetti fu la prima azienda a riconoscere il congedo per maternità (per 9 mesi e mezzo garantendo l’80% del salario), per favorire le madri lavoratrici vennero costruiti asili nido adiacenti agli stabilimenti.

La necessità di sospendere il Carnevale

Non c’è dubbio che Adriano Olivetti fosse un uomo davvero eccezionale, soprattutto per il suo tempo. E’ normale che se un uomo ha segnato così tanto una comunità, una città, quella stessa città non voglia festeggiare nel momento in cui quell’uomo viene a mancare. Se quest’anno la decisione di sospendere il Carnevale ha portato a polemiche, critiche, proteste, nel 1960 quella stessa decisione ebbe l’appoggio unanime della cittadinanza eporediese.

Ivan Boine